In occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua, proviamo a parlare di quanto i cambiamenti climatici stiano influenzando il ciclo idrologico. Negli ultimi 70 anni, in Italia, si è osservato un aumento statisticamente significativo delle zone colpite da siccità estrema; sul bacino del Po, ad esempio, non piove in maniera insistente e duratura da oltre 400 giorni e se a primavera non arriveranno le piogge potremmo toccare livelli peggiori del 2022, quando la siccità estiva fece 6 miliardi di danni per l’agricoltura.
Nel nostro Paese, la stima di disponibilità idrica annua media relativa all’ultimo trentennio (circa 133 miliardi di metri cubi) ha registrato una riduzione del 20% rispetto al periodo 1921-1950 (circa 166 miliardi di metri cubi). Segnali evidenti si riscontrano anche nel contesto urbano: nelle 21 città capoluogo di regione si registra, rispetto al trentennio di riferimento 1971-2000, un incremento della temperatura media del decennio 2011-2020 pari a +1,3°C e una diminuzione della precipitazione del 2020 pari a -91mm (15 le città interessate da una anomalia negativa).
Le cause delle crisi idriche sono da ricondurre, sia alla crisi climatica, sia a fattori di vulnerabilità, che connotano il settore idrico italiano.
Per fronteggiare le sfide che ci impone il futuro dobbiamo quindi adottare una strategia operativa che combini misure di breve termine, orientate prevalentemente alla minimizzazione degli impatti e dei disagi alla popolazione, con interventi di medio-lungo termine, finalizzati a migliorare la resilienza dei sistemi di approvvigionamento idrico. Utilitalia ha, infatti, stimato che per fronteggiare gli effetti della crisi climatica, i gestori nei prossimi anni investiranno circa 10 miliardi di euro, per un volume complessivo di acqua recuperata pari a circa 620 milioni di metri cubi.
I principali comparti d’uso hanno prelevato nel quinquennio 2015-2019 circa 30,4 miliardi di metri cubi totali, di cui il 56% per l’irrigazione, il 31% per l’uso civile e 13% per il settore industriale manifatturiero. L’efficientamento della risorsa idrica passerà inevitabilmente attraverso il miglioramento dei sistemi di monitoraggio dei prelievi per gli usi civili, industriali e irrigui dell’acqua e una corretta gestione della governace del servizio.
A testimonianza di questa esigenza si evidenzia che gli investimenti nel settore idrico crescono, pur con differenze a seconda delle tipologie di gestione e delle aree del Paese. Nel 2021 gli interventi effettuati dai gestori industriali si sono attestati su 56 euro per abitante, valore in aumento rispetto al 2020 (allora erano 54 euro per abitante). Il trend di crescita, cominciato nel 2012 (+70%), sembra confermato anche per il biennio 2022-2023, per il quale vengono stimati investimenti pro capite pari a 63 euro per abitante. Gli investimenti pro capite delle gestioni in economia nel quinquennio 2016-2021 sono invece fermi a 8 euro per abitante. Tutti i valori rimangono comunque ancora al di sotto della media quinquennale europea che, al 2021, risultava pari a 82 euro per abitante.
Gli indicatori della qualità del servizio idrico mostrano anche un miglioramento per quanto riguarda i dati sulle perdite di rete (da circa il 44% del 2016 al 41% del 2021), o sulla frequenza degli allagamenti e/o sversamenti da fognatura (da 12 ogni 100 km di rete del 2016 a 5 del 2021), e sembrano testimoniare l’efficacia del generale incremento degli investimenti osservato negli ultimi anni. Tuttavia, i livelli di qualità differiscono per area geografica, con valori critici il più delle volte riferiti al Sud, dando vita al cosiddetto water service divide: ad esempio il numero di interruzioni del servizio al Sud sono di due ordini di grandezza superiori rispetto al Nord o le perdite di rete che nelle regioni meridionali si attestano a circa 47% nel 2021 (al Nord Ovest 31% nello stesso anno).
In questo contesto il PNRR, con un volume di risorse messe a disposizione pari a circa 4 miliardi di euro, rappresenta uno strumento essenziale per incentivare gli investimenti e proporre azioni di riforma mirate al miglioramento della governance di settore. Una governance di settore che dovrà adottare un approccio preventivo nella gestione dell’acqua, dove Raccolta, Ripristino, Riuso, Recupero e Riduzione, costituiscano le azioni necessarie per la circolarità della risorsa e la sicurezza dell’approvvigionamento.
La necessità di incorporare considerazioni climatiche nella nostra cultura dimostra serietà nell’affrontare il tema del cambiamento climatico ed evidenzia come la combinazione di fattori che riguardano, non solo l’utilizzo efficiente della risorsa, ma anche la realizzazione di infrastrutture moderne, consenta la diversificazione della strategia di approvvigionamento e, non ultimo, il superamento delle criticità gestionali e di governance che oggi frenano lo sviluppo del settore e riducono la qualità del servizio in alcune zone del Paese.
Fonte: Blue Book 2023 – Fondazione Utilitatis & Utilitaria Federazione Utilities